L’attuale situazione sanitaria di fronte alla pandemia.  

L’attuale situazione sanitaria di fronte alla pandemia.  

Intervista alla Dottoressa Agnese Cremaschi.

L’andamento della pandemia da Covid-19 in Italia rileva, in base ai dati statistici forniti dall’Istituto Superiore della Sanità quotidianamente aggiornati, che la curva epidemiologica nazionale, pur presentandosi nuovi focolai dal Nord al Sud del Paese (fenomeno comunque previsto dai virologi), segnali di contagiosità meno preoccupanti rispetto ai mesi scorsi, ma evidenziano che il virus è sempre in circolazione.

In Lombardia, e anche in Piemonte, regioni in cui il virus ha fatto sentire la propria pericolosità con incidenze maggiori, le strutture sanitarie predisposte stanno affrontando con una più consapevole capacità di risposta le situazioni di disagio venutesi a creare.

Ma che cosa dobbiamo ancora aspettarci nei prossimi mesi, destano preoccupazione questi focolai e quando sarà pronto il vaccino? Abbiamo posto queste e altre domande alla Dottoressa Agnese Cremaschi, Direttore Generale del Poliambulatorio “Modoetia Srl”, di Monza (in Via Sempione 14 – 20900 Monza (MB); tel. 039 230 1088; info@poliambulatoriomodoetia.it), giornalista scientifico, medico specialista e Risk Manager nel settore della Medicalmal Ssanitaria per la MB Assicurazioni di Palermo Andrea. (def. La malpractice sanitaria (altrimenti conosciuta come malasanità) si verifica nel momento in cui un soggetto erogatore di servizio (azienda ospedaliera, medico, ecc…) – non rispettando le linee guida minime per la assistenza specializzata – provoca danni o lesioni gravi e permanenti (o morte) al Paziente.   

Dottoressa Agnese Cremaschi

Dottoressa Cremaschi, a suo parere, la risposta del nostro sistema sanitario alla pandemia può definirsi soddisfacente?   

«Ritengo che il nostro sistema sanitario abbia affrontato e stia tuttora affrontando con criteri di prim’ordine l’attuale situazione d’emergenza. Si seguono puntualmente le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’equipe di esperti, cui il nostro Governo ha affidato il compito di gestire in modo razionale una risposta alla pandemia, ha dimostrato una competenza di indiscutibile efficacia scientifica. Non dimentichiamo che l’Italia è stato il primo Paese, dopo la Cina, a essere colpito dal Covid19, registrando in Lombardia realtà drammatiche che hanno lasciato un segno profondo e indelebile, ma le risposte che ha saputo mettere in campo, prima forse a tentoni, poi via via sempre più con maggiore organicità, sono state prese a modello da tutti gli altri Stati nel mondo». 

La mascherina, il distanziamento sociale, il lavarsi le mani di frequente, lo stare a casa se si hanno sintomi di raffreddore: sono solo queste, per ora, le modalità di risposta al virus. La ricerca a che punto è? 

«Bisogna dare atto che da parte di ognuno di noi, osservando scrupolosamente questo protocollo di precauzioni, che vanno dall’uso corretto della mascherina al distanziamento sociale, all’igiene frequente delle mani, si è dimostrato un grande senso civico e un sensibile rispetto per la salute propria e degli altri. Da questo comportamento, tanto raccomandato dal sistema sanitario, se mantenuto diligentemente da tutti noi, sarà dovuta la maggiore o minore infettività del virus nei prossimi mesi. In tutto il mondo si stanno compiendo senza sosta ricerche e indagini scientifiche di altissimo livello per conoscere più in profondità e in dettaglio la struttura molecolare del virus, la cui natura è largamente sfuggente e ferocemente subdola, in funzione di cure adeguate e per la preparazione del vaccino, che pur richiede il tempo necessario per valutarne l’effettiva efficacia, ma sino a quel momento dobbiamo attenerci a queste attuali misure di prevenzione».   

A lungo andare, però, l’adozione forzata di queste cautele sanitarie comporta per tanti di noi una sorta di stress e alienazione. Che dire in proposito? 

«È pur vero che molte persone, alla lunga, reagiscono con riluttanza o superficialità nel dover sottostare a questi comportamenti di base, e manifestano quasi un rigetto a tali dispositivi di prevenzione. Ma sta al senso di responsabilità di ognuno di noi l’assumere comportamenti civili necessari e adeguati all’emergenza. Dobbiamo renderci conto che la nostra vita, da questa prospettiva, è radicalmente cambiata e che le esigenze di sopravvivenza hanno imposto un modus vivendi inaspettato, per certi versi spiacevole, alienante, ma indispensabile e vitale per la salute di tutti. Abbiamo affrontato la fase uno, la fase due, i lockdown, l’isolamento, il graduale ritorno alla vita sociale, tante situazioni di crisi, ancora in atto, dolorose e drammatiche, che esigono risposte chiare e tempestive da parte di chi ci governa. Ma, e parlo a nome di chi come me opera nel settore sanitario, il sistema medico paramedico, clinico e assistenziale, ha dimostrato di reggere con competenza e padronanza, nonostante alcune falle e cedimenti, ed è in grado ora di sostenere le successive ondate di contagio». 

Ritiene, dunque, che queste seconde ondate ci saranno?         

«Il dibattito tra i virologi e gli scienziati, nel contesto dei comitati scientifici nazionali e internazionali e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, al di là delle inevitabili strumentalizzazioni che possono emergere dalle dichiarazioni di ciascuno, verte sul dato di fatto, scientificamente attestato, che il virus possa ripresentarsi nel prossimo autunno con maggiore violenza. La risposta sanitaria, tuttavia, almeno nel nostro Paese, non sarà più impreparata e incerta come all’inizio della pandemia. Medici, infermieri e operatori sanitari saranno in grado di gestire in modo assolutamente più adeguato e con una più pronta capacità d’intervento i casi di contagio, evitando che si riverifichino quei disagi così tragici, che hanno caratterizzato i primi tempi». 

Che cosa ha da dire sui tamponi e i test sierologici? 

«I tamponi sono utili per diagnosticare la presenza dell’infezione da Covid19, cioè se il virus sia entrato o meno nell’organismo. Dapprima si è fatto ricorso ai tamponi naso-faringei, in un secondo momento si è proceduto anche ai test sierologici, con i quali si possono individuare gli antigeni o anticorpi volti all’eliminazione del virus. Grazie ai test sierologici si è scoperto che le persone infette hanno sviluppato immunoglobine in grado di proteggere l’organismo da una seconda invasione del virus. Questo importante risultato consente agli scienziati di favorire l’immunità. Ma sorgono alcuni interrogativi: tali test sono davvero affidabili? Quanto dura quest’immunità? Può giovarsene l’intera popolazione? A fronte di queste perplessità ancora da chiarire, tuttavia, i test si rivelano utili per identificare gli eventuali anticorpi nel sangue necessari per debellare il virus, mentre con i tamponi si è localizzata o meno la presenza del virus».       

Che cosa può dirci allora in relazione all’immunità da Coronavirus?  

«Chi è definito immune è il paziente guarito dall’infezione, il quale ha sviluppato una risposta immunitaria che non lo rende più fonte di contagio, e non rischia più nemmeno un’ulteriore infezione. Purtroppo la ricerca non sa definire con esattezza i tempi di quest’immunità, intendo dire che allo stato attuale degli studi non si sa ancora se e quanto l’immunità sia duratura o se valga per sempre. Chi ha contratto il virus e ne è uscito, quindi ne è risultato immune, potrebbe di nuovo essere infettato nel caso di una nuova ondata. È imprescindibile, comunque, che a sottoporsi ai test, allo scopo di delimitare i contagi, siano in particolare gli operatori sanitari, come sta già avvenendo in Lombardia».      

Come professionista sanitaria anche nel settore del risk management, che cosa può dirci  riguardo al fatto che si sono verificati malauguratamente episodi di sciacallaggio nei procedimenti legali verso i medici che non hanno saputo evitare i decessi dei pazienti a causa del Covid19? 

«Sottolineo che da anni svolgo questa mia attività per la MB Assicurazioni di Palermo Andrea sita in Piazza Castello n. 13 – 20900 Monza (MB) te. 039/2026590 ed email : info@mbassicurazioni .com, su tutto il territorio nazionale ed internazionale. 

Detto ciò è mio parere che si è trattato di un fenomeno davvero scandaloso operato nei confronti di persone che, operando sul piano terapeutico in prima linea, hanno tentato di salvare vite umane, durante un’emergenza di proporzioni enormi e in condizioni di sicurezza precarie, senza nemmeno una strumentazione adeguata. L’operato dei medici sarebbe esposto al rischio di divenire obiettivo da colpire da parte di studi legali senza scrupoli, che persuadono le vittime e i loro famigliari a intentare cause per risarcimenti. Tale scorrettezza, con cui si tende a lucrare sulle morti da infezione Coronavirus,  è stata stigmatizzata persino dall’ordine forense. In situazioni di emergenza e di una pandemia sconosciuta, non si può imputare ai camici bianchi la i responsabilità dei decessi, dato che questa patologia presenta tuttora molte incognite e gli strumenti a disposizione, come anche i ricoveri adibiti, non danno certezze assolute e certificate. Assicurare il diritto alla salute significa anche che i medici devono svolgere il loro lavoro con serenità. E l’ordine nazionale dei medici ha provveduto a vigilare sulla tutela delle competenze sanitarie pure da queste nefaste derive pseudo-legali». 

Dott.ssa Agnese Cremaschi

Intervista a cura di Nicola Di Mauro

Dott.ssa Agnese Cremaschi

Operation Manager with Data4NHS, Journalist for PJ Magazine to health and wellness, Freelance Entrepreneur, Medical Director - Blue Medical Center, Director of Health Services.
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