Quando ridere fa bene alla salute.

La scienza medica conerma l’efficacia terapeutica della riata.
Oggi non c’è tanta voglia di ridere in giro. Basta pensare a quanto avvenuto negli ultimi tempi. La crisi economica, l’impoverimento dei ceti medi rispetto all’enorme ricchezza accumulata da piccoli gruppi elittari, il coronavirus e il lockdown, la guerra in Ucraina. Eppure sforziamoci ancora e riproviamo a ridere, farlo è un gesto d’amore, un modo di reagire positivo. Il mettersi a ridere, secondo la psicoterapia e le nuove ricerche scientifiche in campo medico, ha effetti benefici sul nostro organismo umano, e agisce come un’efficace terapia curativa allo scopo di restituire benessere al nostro corpo e alla nostra mente.
Prima di dare voce alla scienza medica, nell’accennare all’efficacia terapeutica del riso e del sorriso, si provi anche a prestare attenzione a come la letteratura, la poesia in particolare, affronti l’esperienza esistenziale della risata. Una testimonianza letteraria, presa qui a titolo di esempio, comproverebbe, dunque, tale asserzione, suffragata ormai a pieni voti dalla scienza medica. Ecco di seguito un pensiero espresso liberamente da Pablo Neruda in proposito: “Ridere è il linguaggio dell’anima”, qui riportato per esteso, e non ha bisogno di alcun commento, non è questa la sede, si spiega da sé:
“Quale è il linguaggio preferito dell’anima?/ La poesia, l’arte, la bellezza, la danza, la musica, il canto, la felicità, la natura… sono tutti linguaggi dell’anima./Si tratta di forme di comunicazione non verbale, lontana dai ragionamenti razionali, dai percorsi logici…/L’emisfero sinistro del cervello è messo in secondo piano, il più sciovinista, lucido, freddo, calcolatore lascia il posto al destro con la sua effervescente creatività, con le sue capriole sulle emozioni, con i giochi delle sensazioni, con i guizzi delle intuizioni./I linguaggi aulici, seriosi, i toni gravi e grevi, le tinte cupe e meste si sciolgono, evaporano inghiottiti da ridde di scintillanti colori, da intensi e delicati profumi, da suoni squillanti ed armoniosi./Il linguaggio dell’anima è una sinestesia di emozioni e pensieri, di sentimenti e sogni di cristalli luccicanti e teneri sapori, che esplodono in guizzi d’ingegno, in effluvi di felicità, in esistenziali risate./Ridere è una peculiarità dell’uomo. Non c’è nessun animale che ride. Nemmeno la iena ridens: una delle notti più intense della mia vita, sola in una capanna in mezzo alla natura selvaggia e sotto un cielo di enormi stelle, era lì, a pochi passi da me, dal mio letto è con il suo verso infernale non aveva nulla in comune con la risata umana./Ridere è un sussulto del corpo ed un’esplosione dell’anima, un’energia centrifuga che, una volta uscita da noi, ricade su di noi fecondandoci di forza e felicità./L’ilarità e la leggerezza epidermiche, la risata sguaiate, la comicità non sono linguaggio dell’anima, cifra del Wellthiness./ Lo sono, invece, l’humor, l’arguzia, l’ironia dove si condensa, in un’esperienza speciale, una speciale forma di unità-nella-molteplicità espressa ora come serio-ludere ora come speciale gioco di doppi sensi, di allusioni, di strizzate d’occhio tra gli interlocutori./Ridere è linguaggio dell’anima perché riesce a cogliere il lato positivo nelle avversità, perché ci costringe a rivedere il nostro carnet di priorità e la nostra mappa dei valori, perché esprime l’essenza più pura e più vera dell’uomo, la sua intrinseca natura, la sua vocazione al Wellthiness, alla felicità, al benessere in tutte le sue dimensioni fisiche, mentali, emotive, spirituali, relazionali”.
Forse si possono ora perfezionare le affermazioni dello stesso poeta sudamericano, integrandole con la scoperta scientifica recente che anche gli animali ridono, e questa loro specifica manifesta espressione ilare di emozioni e sentimenti rinsalda la tesi sul benessere psicofisico portato dalla risata, che non è solo più, dunque, una prerogativa umana. Anche le altre creature ridono, e stanno bene ridendo.
Pure la tradizione popolare conferma ulteriormente la tesi convalidata dalla scienza medica circa le potenzialità curative della risata; basti accennare al detto popolare: “Il riso fa buon sangue”, un proverbio che risalirebbe al XIV secolo e che dimostra come, partendo dal basso, a livello di vulgata, si facesse un certo assegnamento al riso e al sorriso per gli effetti benefici prodotti dall’ilarità sulla salute umana.
Si attribuisce a Santa Madre Teresa di Calcutta questo componimento sul valore di un sorriso. Eccolo di seguito qui riportato a riprova del significato profondamente umano che esso conserva in sé:
“Un sorriso non costa nulla e rende molto./Arricchisce chi lo riceve,/senza impoverire chi lo dona./Non dura che un istante,/ma il suo ricordo a volte è eterno./Nessuno è così ricco da poterne fare a meno./Nessuno è così povero da non poterlo donare./Crea felicità in casa, è sostegno negli affari,/è segno sensibile dell’amicizia profonda./Un sorriso dà riposo alla stanchezza./Nello scoraggiamento rinnova il coraggio./Nella tristezza è consolazione./D’ogni pena è naturalmente rimedio./È un bene che non si può comprare,/prestare o rubare, poiché/esso ha valore solo nell’istante in cui si dona./E poi se incontrerete/chi non vi dona l’atteso sorriso,/siate generosi e donategli il vostro:/perché nessuno ha tanto bisogno di un sorriso/come chi non sa regalarlo agli altri”.
Secondo le più recenti indagini scientifiche, come aveva correttamente osservato la studiosa americana Janet Gibson, il ridere diventa, al momento del suo manifestarsi, un antidoto allo stress, riducendone, infatti, il cortisolo, ne traggono giovamento il sistema cardiovascolare, il metabolismo stesso e le capacità immunitarie. Ne beneficiano i polmoni e la circolazione del sangue, e si moltiplicano le endorfine, oltre a rigenerarsi il buon umore, che consente di vedere tutto da un’altra prospettiva. Di conseguenza le attività relazionali migliorerebbero, la tendenza a socializzare si estrinseca in modo diretto e spontaneo, si prospetta vincente un modo di vedere positivo, e una certa creatività nel pensare e agire si denota agevolmente, dando spazio alla resilienza per affermarsi e, dunque, recare e restituire benessere a livello psicofisico.
Sul piano intellettivo il fenomeno dell’ilarità, oggettivamente estrinsecato mediante il riso, comporta inoltre l’attivarsi di un esercizio cognitivo da parte del pensiero, del ragionamento e del cervello, agenti insieme con la memoria e la riflessione, davvero impressionante. I neuroni lavorano e sono operativi, mossi da meccanismi di pensiero libero, equilibrato, decisamente motivato e portato a vedere le cose, intravedendo e prospettando, se non costruendo, orizzonti più rosei, dando vita a visioni ottimistiche, positive, fiduciose, serene.
In effetti, con la risata, il cervello funziona elaborando pensieri ed emozioni, nonché eccitando situazioni fisiche motorie a livello muscolare, a partire dal lobo frontale, fino a coinvolgere il sistema limbico.
Eppure ridere è una cosa seria! Sembra un paradosso, ma non si può ridere con tutti e di tutto. Ecco che ancora una volta viene in soccorso la tradizione popolare: “Il riso abbonda nella bocca degli stolti” proverbio derivante da una sentenza latina non appartenente al mondo classico, ma riferita a un periodo più tardo: “Risus abundat in ore stultorum”. Ciò avviene quando si ride a sproposito. Eppure, le persone che vivono ripiegate su se stesse, che sembrano portare macigni sulla loro schiena, hanno bisogno a volte di una sana risata, di un sorriso. Ed ecco che ridere di gusto allora può far un gran bene. Anche ridendo di se stessi ci si fa del bene, ci si ama, recando sollievo allo spirito e al corpo. Da alcune indagini di natura scientifica è emerso che i bambini tendono a ridere trecento volte al giorno, mentre gli adulti riducono le occasioni quotidiane a solo venti volte. Dando all’ansia e al disagio motivo di prevalere.
Come ebbe a ribadire Patch Adams: «Ridere non è solo contagioso, ma è anche la migliore medicina», si confermerebbero su base scientifica i benefici arrecati alla salute psicofisica dell’ilarità manifestata attraverso il riso. Le occasioni per ridere le si ricavano in modo creativo e distensivo nel guardare per esempio un film comico, nell’andare a vedere uno spettacolo da commedia, nel raccontare una sana barzelletta, nel ricordare episodi buffi e divertenti capitati a sé e ad altri, nel leggere un libro piacevole o spassoso, nell’ascoltare un brano di musica allegra. La compagnia di persone positive, portate a far ridere di gusto, che esprimono e irradiano serenità e contentezza, costituirebbe poi la ciliegina sulla torta.
Un’altra strategia per ridere di cuore o far ridere dentro di sé con il cuore è quella di crearsi un momento di silenzio, concentrarsi, respirare lentamente e a fondo e liberare, avvertendo un senso di leggerezza nel proprio mondo interiore, facendo placare e allontanare ogni tensione, la cosiddetta “gioia del cuore”.
Il figlio del premio Nobel Dario Fo, Jacopo Fo, una volta ha detto che «Ridere è liberatorio, afrodisiaco, spiazzante, esaltante, piacevole e intelligente. Ed è pure gratis». Il suo è un invito a sprigionare gioia e ilarità con semplicità e in piena libertà.
Un modo per ridere volentieri e senza tanta fatica lo troveremmo nell’autoironia, mettendosi a ridere di se stessi. Il benessere è assicurato: le tensioni si sciolgono, ansie e paure quasi svaniscono, perché ci si prende meno sul serio.
La “leggerezza”, di cui parla Italo Calvino nei suoi scritti, aiuterebbe altresì a recuperare una dimensione di serenità, cui porta il mettersi a ridere. Basterebbe vedere le cose che ci mettono in allarme con occhi che sorridono e colgono la “leggerezza” nell’aria intorno, lasciando che anche il nostro respiro partecipi di questa sensazione, che subito si può sentire, mollando un po’ la presa, prendendosi un po’ meno sul serio.
Lo stesso Tiziano Terzani, quando aveva affermato che «Trovo che ridere è una cura, è parte della guarigione. Per cui il consiglio che do a tutti è cominciare con una grande risata e finire con una grande risata», esorta e ci consiglia a scoppiare a ridere così, sul momento, senza pensarci, senza che ci sia una causa scatenante, se non la nostra sola volontà, e questo fenomeno della risata, fragorosa, che fa venire le lacrime agli occhi, spontanea o determinata da noi stessi, comporta per la nostra mente e il nostro corpo benefici salutari efficacissimi per ripristinare una dimensione di serenità interiore ed esistenziale.
La scienza medica ha definito anatomicamente la risata, partendo dal torace: rapide contrazioni ritmiche delle fibre muscolari del diaframma tendono a produrre un massaggio salutare agli organi addominali, stimolando le loro funzioni, attivando le secrezioni digestive e in special modo quelle epatiche. Inoltre, pure il ritmo respiratorio si modifica, e migliorano la funzione polmonare e l’azione del cuore, con una maggiore ossigenazione. Da cui di qui proviene il detto popolare “il riso fa buon sangue”.
Il sorridere e il ridere rappresentano poi un aiuto psicologico altamente efficace, perché provocano sollievo e un rilassamento interno. Un modo di approcciare alla vita gaio, recuperando il “bambino” che è in noi, quasi tornando a una dimensione del gioco, ludica, porta certamente un po’ di benessere interiore, favorito dall’umorismo e dalle componenti briose che ogni situazione di vita porta con sé, basta saperle individuare e una volta fattolo, il processo dell’ilarità si attiva, recando benefici psicologici di grado anche elevato.
In tempi di pandemia l’uso della mascherina ha impedito la visualizzazione e la stessa percezione del riso e del sorriso, ma occasioni che comportano ilarità e gaiezza possono essere state colte comunque, e lo sguardo, la voce, la mimica del volto hanno fatto capire che si sta ridendo o sorridendo. Le emozioni positive, così facili da cogliere nei bambini e nei più piccoli, dovrebbero essere richiamate alla mente anche degli adulti per recuperare la dimensione serena del sorriso e del riso, che non solo sono un movimento di muscoli e membra, ma contestualizzano uno stato d’animo, che fa bene al cuore, alla mente, al corpo. Non per nulla, dunque, si riconosce alla risata una funzione salutare di massima importanza. Roberta Rubbino, psicoterapeuta dell’Istituto A.T. Beck di Roma, ha affermato perciò che «Il ruolo della risata in psicoterapia è stato da sempre dibattuto. Se un tempo si pensava fosse dannosa adesso se ne sottolinea la rilevanza».
Nel transfert, ribadisce la specialista, la risata diventa «sintonia e co-regolazione, è un momento di condivisione in cui le persone si sentono entrambe al sicuro. Una risata può comunicare cooperazione, imbarazzo, svalutazione, sarcasmo, ironia». E prosegue descrivendo il ruolo adeguato dell’analista come utile sul piano curativo: «Una psicoterapia per essere efficace deve aver come cornice una buona alleanza terapeutica. Ridere, in questa alleanza, non è da escludere perché può diventare un canale attraverso il quale il paziente comunica l’emozione che sta provando e la sua intensità, come fosse un vero e proprio punto esclamativo alla fine di una frase. Allo stesso modo la risata del terapeuta ha un significato importante per lui, è come se gli dicesse: “mi piace lavorare con te e sono davvero interessato a quello che mi stai dicendo”. È facilmente immaginabile il potere di questo non detto soprattutto per tutti quei pazienti che hanno nella loro memoria autobiografica la figura dell’altro come assente o indifferente. Sono persone che col tempo si sono sentite indesiderabili. Ridere insieme sarà per loro un potente strumento per disconfermare queste credenze. Una risata tra terapeuta e paziente dimostra che il processo non è composto da un “essere difettoso” che deve essere aggiustato dal “sano” seduto di fronte. Il terapeuta è prima di tutto umano. Ecco perché ridere rafforza la relazione, rende il problema meno catastrofico ed è un’arma contro quel senso di sopraffazione che rallenta il cambiamento nella vita».
La Rubino precisa ancora che «Il nemico della risata è l’isolamento, la rivalità, la paura del giudizio altrui, il poco tempo dedicato alla connessione sociale. E se qualcuno pensa che la risata sia solo leggerezza, dimentica quanto in realtà comunichi sicurezza e accettazione verso gli altri ma anche verso se stessi».
Una tecnica statunitense quella del mezzo sorriso viene, dunque, in soccorso. La Rubino sottolinea come «Abbozzare infatti un piccolo sorriso è il modo per accettare la realtà con il nostro corpo e aiutare la nostra autoregolazione emotiva. Le emozioni sono in parte correlate alle espressioni facciali e fare un piccolo sorriso serve a darci informazioni su cosa stiamo provando. Basta rilassare i muscoli del viso, del collo e delle spalle e poi accennare un mezzo sorriso con le labbra, appena percepibile, cercando di adottare un’espressione del viso serena. Non è necessario che qualcun altro lo veda, ma è essenziale che lo senta chi lo sta facendo. In quel momento stiamo comunicando col nostro cervello e ci stiamo facendo una potentissima coccola».
Recenti studi di matrice americana hanno portato a queste conclusioni: oltre a rafforzare il sistema immunitario, ridurre lo stress e migliorare il nostro rapporto con gli altri «La risata ci fa sentire meglio fisicamente e mentalmente. Induce uno stato mentale più positivo. Incrementa inoltre l’autostima, riduce l’ansia e ci aiuta ad allentare il controllo. Migliora poi la capacità di gestire situazioni difficili e ha effetti benefici sulle nostre relazioni. Ci aiuta infatti a vivere nel presente: quando si ride di gusto non si pensa ad altro se non al “qui e ora”. Inoltre, ottimizza l’apprendimento, la memoria e la creatività migliorando la nostra performance». C’è persino chi sostiene che «Cento sorrisi valgono come 15 minuti al vogatore». Studiosi americani avrebbero suggerito che ridere per un quarto d’ora ogni giorno aiuta le funzioni vitali di tutto il corpo. Esistono anche terapie yoga che inducono alla risata e al buon umore. Si tratta della “gelotologia” (dal greco gelos: risata, e logos: scienza) o comico-terapia, che viene solitamente praticata nello yoga, ma anche nelle strutture mediche dove si è costretti a intervenire chirurgicamente. Se un ambiente è pervaso di buon umore e da una giusta dose di ilarità, tutti gli esseri umani ne trarranno tra loro benefici incalcolabili. Questa constatazione è stata più colte confermata da indagini scientifiche svolte in diverse università, dove gli psicoterapeuti hanno constatato che il mettersi a ridere mantiene il cervello in allenamento e le funzioni vitali traggono assoluto vantaggio dallo stato d’animo provocato da una sana risata.
A dire il vero, quanto esposto sopra, non è posi una novità. Già Ippocrate era arrivato a queste conclusioni. Ridere fa bene non perché sia soltanto un salutare momento di evasione, ma in quanto si può equiparare a una terapia, a una medicina. Patch Adams lo ha dimostrato pienamente; infatti, usava dire: «Una risata può avere lo stesso effetto di un antidolorifico: entrambi agiscono sul sistema nervoso anestetizzandolo e convincendo il paziente che il dolore non ci sia». E prima di lui anche il professore William Fry, il quale constatò negli anni Settanta del secolo scorso come il riso agevolasse il ritmo cardiaco e la circolazione arteriosa. È grazie a loro che nei reparti ospedalieri, in geriatria come in pediatria, in oncologia come in altri settori operativi, il meccanismo della risata è adoperato con finalità terapeutiche risolutive. «La risata è ormai ufficialmente riconosciuta come una cura, capace d’indurre modificazioni fisiologiche nella mente e nel corpo che possono essere misurate addirittura fino a 12 ore di distanza» asserisce Claudio Mencacci, psichiatra direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli Sacco di Milano. Infine, come ulteriore scoperta, non trascurabile sul piano medico, gli scienziati si sono persuasi che la risata allunga la vita, dal momento che rigenera il tessuto cellulare del nostro organismo, rendendoci più longevi.
Infine, come psicoterapeuta, occorre far presente al proprio paziente che ci si può “iniziare” alla “risata benefica”. Infatti, come ogni essere umano, persone, circostanze, occasioni e momenti possono essere propizi per esercitarsi in una sana risata, perché ne si riconosce anche la sua prodigiosa, benevola, democratica e popolare contagiosità. La risata non divide, ritempra; è come pensare o immaginare di andare in spider dimenticandosi che si possiede una Cinquecento. La risata non è conformista, è spontanea, anticonvenzionale. Viene da sè, non la controlli. La risata rassicura i nostri interlocutori, infatti, li ben predispone e pertanto è salvifica e benefica, concorre a creare serenità e moltiplica spazi positivi. Ridere è fare manutenzione al cervello. Ridere è fare riabilitazione ai muscoli facciali e non… Ridere è manifestare la propria personale riconoscenza e dire grazie alla Vita.